Lichen ruber planus genitale

Donna, 59 anni, casalinga.

Originaria di Singapore, è arrivata in Italia 18 anni fa, seguendo il marito.

In anamnesi ipotiroidismo diagnosticato a 40 anni, prende Eutirox da allora. Nessun altro disturbo di rilievo.

Arriva all’osservazione per una sintomatologia che si presenta da circa un anno, iniziata improvvisamente, localizzata ai genitali esterni: un gonfiore marcato, tale da cancellare le pieghe fisiologiche vulvari, e lesioni rossastre molto dolorose.

In seguito a un prolungato iter diagnostico, le lesioni sono state diagnosticate come lichen planus; è stata presa in carico in medicina occidentale, eppure, dopo circa un anno di terapia sintomatica, il gonfiore si è ridotto solo della metà, e le lesioni sono ancora presenti e molto fastidiose.

A volte presenta episodi ansiosi con tachicardia e affanno al petto.

Alla fatidica domanda “cosa è successo circa un anno fa?”, come spesso succede, inizialmente risponde “niente”; poi ci pensa, e dice che un po’ più di un anno prima è nato il nipotino. Sembra però che l’unico problema legato a questo evento sia stato il fatto che la pandemia le ha impedito di andare a trovarlo a Singapore più di una volta; ogni volta che torna a casa, infatti, deve fare due settimane di quarantena, e questo la blocca. Non sembra che questo argomento susciti particolari emozioni.

Proseguendo l’anamnesi, chiedo della storia ginecologica, mi riferisce di avere avuto un ciclo con endometriosi, molto doloroso. È andata in menopausa a 52 anni, ha avuto per un certo periodo vampate, sbalzi di umore e insonnia, che si sono però regolati da soli nel tempo. Chiedo delle gravidanze; mi dice di avere avuto un aborto spontaneo alla prima gravidanza, poi un figlio (il padre del nipote di cui sopra), che adesso ha 35 anni, e poi un’altra gravidanza inattesa, 6 mesi dopo l’arrivo in Italia. Mi racconta che quest’ultima gravidanza era stata interrotta volontariamente: il ginecologo aveva proposto una IVG perché, secondo lui, non sarebbe riuscita a portarla a termine, il bambino avrebbe avuto dei problemi di salute importanti, e c’erano dei rischi anche per lei. Il marito le aveva detto che non voleva rischiare di perderla, e lei si era lasciata convincere per l’IVG, anche perché era un po’ frastornata dal trovarsi da sola in un paese straniero, in cui non parlava nemmeno la lingua.

Continuo a chiedere informazioni sulle gravidanze, ma c’è una fortunata incomprensione, anche perché il colloquio viene svolto in inglese (o forse l’inconscio della paziente mi vuole mostrare la soluzione?): la paziente mi risponde parlando non delle sue gravidanze, ma di quella del figlio. Dice che al figlio e alla nuora era stato proposto 3 volte un aborto terapeutico, perché il nascituro sembrava avere gravi malformazioni per difetti cromosomici. Il figlio e la nuora hanno però deciso di proseguire la gravidanza, e alla nascita si è visto che il bambino non aveva i grossi disturbi previsti: è mono-rene, è un po’ più piccolo di quanto dovrebbe, insomma è un bambino un po’ fragile, ma le malformazioni cardiache che erano state riscontrate si sono risolte spontaneamente e le condizioni generali sono tutto sommato discrete.

Le faccio notare il collegamento con quanto successo a lei al momento della sua IVG, e a quel punto incomincia a piangere; si rende conto di sentirsi molto in colpa, di rimpiangere molto. Mi racconta che per moltissimo tempo le è capitato di guardare le bambine, pensando che la figlia avrebbe avuto quell’età (era una femmina). È molto sorpresa dal suo stesso pianto, continua a ripetere che non se lo aspettava, che non aveva assolutamente fatto nessun collegamento tra le due cose e che non pensava di avere ancora tanto dispiacere per una cosa successa così tanto tempo fa.

L’evidente senso di colpa verso questa figlia, non fatta nascere per mancanza di coraggio, mi orienta verso CV18, che tratta i sensi di colpa verso i familiari (ascendenti e discendenti). Lo palpo, trovandolo dolentissimo. La tratto per tre sedute settimanali usando CV18, che diventa progressivamente meno doloroso. Già dopo la prima seduta la vulva inizia a sgonfiarsi, le lesioni vulvari diminuiscono di molto. Qualche piccolo episodio ansioso si presenta ancora ma viene gestito con un po’ di respirazione e si risolve spontaneamente in brevissimo tempo. Dopo la terza seduta non sono più state presenti lesioni, i genitali si sono sgonfiati del tutto. Presenta una buona attitudine sui rimpianti, che risultano molto più adeguati: il passato viene lasciato nel passato. Ha in programma di andare a Singapore la settimana dopo, quindi interrompe le sedute.

L’ho risentita tre mesi dopo, perché voleva inviarmi una sua amica: la guarigione si era mantenuta.

CV18 玉堂 Yù Táng – Palazzo di Giada

Nome principale: Yu Tang à Yu, (R. 5923), giada, pietra preziosa; Tang (R. 4739), palazzo, tempio.

Secondo nome: Yu Ying à Yu, idem; Ying (R. 5817), fiore, foglia

Localizzato sullo sterno, lungo la linea mediana, a livello del 3° spazio intercostale.

Funzioni in generale:

Regola la circolazione del Qi, ferma la tosse da Qi Ni, regola il diaframma, libera il torace, tratta la tensione al seno e la mastodinia, tratta l'infiammazione alla gola. Tratta il Qi ribelle di ST e LU: stress respiratorio con problemi a carico dello Shen. Come sintomatologia si hanno segni toracici, tosse, dispnea, dolore, palpitazioni, con la sensazione di avere qualcosa di compresso che esplode. Un sintomo particolare che viene riferito legato a questo punto è "l'avversione per i bambini piccoli e soprattutto per le bambine".

CV18 è inoltre legato a Xu Li, al Grande Luo dello Stomaco; sono persone che non vogliono mangiare, e se mangiano poi vomitano perché non riescono a tenere gli alimenti. A CV18 si ristabilisce la normale funzione dello Stomaco.

Oltre a quelle sopra riportate, CV18 ha tre funzioni particolari:

  1. Punto nodo dell’asse Jue Yin
  2. Punto legato al Tempio della Volta Celeste, al Tempio degli Antenati.
  3. Punto Giada

1. Punto nodo dell’asse Jue Yin: LR1 - CV18

Lo Jue Yin rappresenta la libera circolazione, la continuità nella circolazione dell’energia (Kespi).

È la fine dello Yin, la conclusione di un ciclo, il mediatore tra due fasi. Lo Jue Yin è l’anello di raccordo del processo creativo e ri-creativo, che connette ciò che è stato con ciò che deve essere. È interessato nei processi che devono compiersi e terminare, come nella menopausa o nelle mestruazioni o nella gravidanza. Regola la sessualità da un punto di vista genitale, nelle sue componenti cicliche e temporali.

Come tratti caratteristici che possono richiamare all’uso di questo Asse, tratti da esperienze cliniche, ricordiamo il valgismo dell’alluce e la fobia degli aghi, o l’inquietudine quando sono presenti nella stanza delle lame esposte.

Gilles Andrés afferma inoltre che lo Jue Yin è l’asse dell'accettazione di fatti dolorosi e inaccettabili. Infatti, CV18 a volte può riportare il paziente indietro a sofferenze vissute nel passato: potrebbe essere utile associare psicoterapia.

L’Asse Jue Yin, ricordiamo per completezza, ha a che fare anche con la diffusione del sangue del cuore alla periferia; si usa infatti per lipotimie e svenimenti in persone con ipotensione, pazienti sani che non hanno altri problemi, per esempio giovani donne che tendono alle lipotimie in estate, anche LR1 da solo. In particolare (ma non solo) è utile quando questo fenomeno è legato alle emozioni, essendo implicato il Fegato.

2. Punto legato al Tempio della Volta Celeste, al Tempio degli Antenati

CV18 tratta i sensi di colpa legati all'albero familiare.

Secondo Kespi, CV18 corrisponde al Tempio della Volta Celeste, al Tempio degli Antenati; è il Figlio del Cielo che rende omaggio ai suoi antenati. Il Tempio della Volta Celeste fu costruito in modo che si avesse in ogni suo punto l’eco, che è visto come un dialogo tra me e l’altro, tra me e gli antenati. Nella Città Proibita, a Pechino, è il nodo di questa continuità, in particolare a livello genealogico.

Kespi racconta un caso clinico in cui trattò con CV18 una sciatica, localizzata lungo Jue Yin, in un uomo che non conosceva suo padre e che da 20 anni non vedeva il figlio. La sciatica era sparita in 48 ore, il paziente per 8 giorni aveva sognato suo padre, aveva capito chi era ed era in pace; poi lo aveva anche rincontrato, ed aveva risentito il figlio.

Nel corpo, a livello della regione sternale, troviamo tre punti che trattano la colpa:

  • CV17: la colpa personale, di chi non ha seguito il Ming.
  • CV18: la colpa verso l’albero genealogico: antenati e discendenti
    • non portare avanti la discendenza
    • non avere cognome, non sentirsi in linea con gli antenati, non vivere secondo le loro aspettative
  • CV19: la colpa verso l’umanità, una colpa talmente grande che si pensa di non potere essere perdonati.

CV18 per trattare la colpa si può associare a PC (è punto di riunione con LR e PC); ad esempio con PC4, il punto Xi del meridiano, che ha funzione di rettificare: rettifica il senso di colpa e lascia andare il passato.

3. Punto Giada

La giada è legata simbolicamente alla perennità, alla vita, alla vitalità. Nell’antichità veniva utilizzata nelle sepolture, specialmente posizionandola a livello degli orifizi (le porte da cui escono le anime vegetative), perché si pensava che potesse rallentare il decadimento del corpo, e per testimoniare l’immortalità dell’anima.

I punti che contengono nel nome la parola “giada” sono tra quelli che possono essere usati per disturbi legati alla sessualità e alla riproduzione.

L’unico modo per sopravvivere al tempo, per i comuni mortali, è attraverso la discendenza: il pene viene chiamato “asta di giada”, facendo riferimento a questa funzione di procreazione. Secondo Dante De Berardinis, per questo motivo CV18 può essere usato per trattare il “Palazzo della Creatività”: si usa nelle donne che non hanno avuto figli, soprattutto se hanno cercato di averne e non ci sono riuscite, oppure se hanno rimandato la maternità fino al momento in cui si sono trovate troppo avanti negli anni, e sviluppano problemi fisici e psichici in seguito a questo. In questo aspetto si incontrano verosimilmente la funzione di CV18 come punto giada, legato alla creatività, e quella legata al Tempio degli Antenati, la colpa per non portare avanti la discendenza. Anche il legame dell’asse Jue Yin con la riproduttività femminile può essere implicato.

Nel caso clinico riportato sopra, era verosimilmente presente un senso di colpa della paziente relativo all’interruzione della gravidanza, sia verso sé stessa e gli antenati in merito alla propria creatività, la propria riproduzione, sia nei confronti della bambina che non aveva avuto il coraggio di fare nascere. Sembra ci fosse anche un desiderio specifico di avere una figlia femmina che accresceva il rimpianto. La situazione era rimasta sotto controllo, perché giustificata dal consiglio medico, fino a quando non è stata “scoperchiata” dalla vicenda del nipotino, e dal confronto con il coraggio che il figlio e la nuora avevano avuto, a differenza di lei.

Il trattamento di CV18 ha permesso di agire sul senso di colpa.

Data la manifestazione ai genitali esterni, che sono in relazione con il Fegato, è possibile che ci fosse un interessamento dell’asse Jue Yin. Ricordiamo che l’asse Jue Yin è anche coinvolto nell’accettazione di eventi dolorosi e inaccettabili. È inoltre possibile che sia stato implicato anche il Pericardio, che come sappiamo ha a che fare con il sistema morale della persona: il consiglio medico aveva fornito una giustificazione morale, che aveva fino a quel momento reso accettabile l’IVG al sistema della paziente. Il comportamento del figlio e della nuora ha scardinato questa giustificazione, rendendo evidente che c’erano altre soluzioni possibili, e mostrato alla paziente il suo senso di colpa.

Una cosa importante successa nel corso di questo caso clinico è stata, secondo me, lo sblocco emotivo con il pianto. La paziente ha preso contatto con le sue emozioni, e ha visto una parte di sé di cui era rimasta inconsapevole. Sono convinta che quello sia stato il punto di partenza della guarigione: sappiamo bene che anche le parole muovono il Qi, e che le lacrime sono di per sé una via di eliminazione.

La presenza del movimento emozionale, insieme alla spiccata dolenzia del punto, è stata anche determinante nella scelta del trattamento. Scavalcare il sintomo e cercare di andare direttamente alla radice, in particolare già dalla prima seduta, può essere una scelta difficile: il paziente viene per un disturbo, e naturalmente chiede un sollevo da quel disturbo stesso. La presenza di una manifestazione emotiva così evidente mi ha spinto a prendere in considerazione questa possibilità, la dolenzia spiccata del punto mi ha confermato che valeva la pena di tentare questo trattamento.

Riflettendo a posteriori su questo caso, mi sono resa conto che questo aspetto è importantissimo da valutare. Anche se sembra che ci sia una ragione che spiega la situazione, e che potrebbe essere oggetto di un trattamento di radice, se la persona non manifesta alcuna reazione emozionale (che comunque non necessariamente deve essere evidente come il pianto di questa paziente), è possibile che le due cose non siano collegate. La presenza di una reazione emotiva può essere un indice importante che orienta nella scelta di cosa trattare.

Concludo suggerendo, in generale, di indagare i vissuti relativi alle IVG nelle donne; non è assolutamente raro che delle interruzioni di gravidanza, per quanto apparentemente volontarie ed accettate, nascondano sensi di colpa e rimpianti importanti. L’IVG è una esperienza piuttosto comune, ma questo non significa né che ci sia sufficiente informazione in merito, né che venga vissuta con facilità. In particolare, un campanello d’allarme è il fatto che la donna sia stata “convinta” a praticare l’IVG da qualche fattore esterno, ad esempio il compagno che rifiuta di essere presente nell’allevare il figlio, se la gravidanza non è programmata. A volte ci sono vissuti di questo tipo persino quando si teme per la sopravvivenza della donna, anche dietro consiglio medico: senza entrare nel merito della validità del desiderio di rischiare la vita per una gravidanza, non raramente il sentimento della madre mancata è comunque quello della colpa e del rimpianto.

Rimanendo in ambito Ren Mai, in queste situazioni, oltre a CV18, si può prendere in considerazione CV5, che secondo Kespi è spesso coinvolto negli aborti volontari.

Info e chiarimenti: d.ssa Laura pulvirenti (Torino)

laurapulvirenti@gmail.com

Fonti:

Seminari SIdA - Dr. Dante De Berardinis

Partecipazione al Congresso Sida 2020 – Dr Jean Marc Kespi

Descrizione dei punti - Dr. Massimo Selmi

La Mandorla, giugno 2002: I tre Yin e i tre Yang (Brotzu, Simongini, Franceschini)

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